Il mio nome è Natalia. Conducevo una vita tranquilla, ignara che esistessero delle organizzazioni così ciniche da procurare, in cambio di soldi, esseri umani a viziosi committenti. E, ancor più, non immaginavo che alcune clienti di queste società fossero donne. Ero all'oscuro che, un equipe specializzata, mi monitorasse h24 e sapesse ogni dettaglio della mia esistenza, comprese le conversazioni che intrattenevo sui social (conoscevano la cronologia delle chat e il fatto che, pur se fidanzata, alimentassi curiosità verso le donne). Un giorno, mentre passeggiavo per strada all'imbrunire, dei loschi individui incappucciati mi rapirono. Fui stordita col cloroformio. Quel che so per certo è che mi risvegliai mezza nuda, imbavagliata e legata ad una struttura a forma di croce in una stanza tipica per giochi sadomaso. Rimasi lì alcune ore, prima che si aprisse la porta ed entrasse una inquietante donna bionda. Quando mi tolse una sorta di cerotto dalla bocca, chiesi spiegazioni, ovviamente. La donna, bionda e di bell'aspetto, si chiamava Rebecca, ed era una committente. Aveva sborsato un botto di soldi per avermi tutta per sè. Ero scettica, mi pareva di stare in un film dell'orrore nella parte della preda. Protestai, inizialmente. Ma poi cominciai a provare una sorta di eccitazione percependo di dover subire tutto ciò che lei desiderava senza poter opporre resistenza. Con le parole e con l'uso delle mani, mi convinse che sarei stata meglio in sua compagnia, piuttosto che nella vita che conducevo prima del rapimento. Mi sgrillettò la fica, mi leccò le natiche e pretese che leccassi un dildo. Dopodichè, con disinvoltura, me lo sparò dritto nella fregna. Godetti sul serio e venni sbrodolando come una porca in calore. Rebecca aprì le gambe, mi permise di accarezzarle la passera. Provai un brivido nel procurarle piacere. Infondo avevo sempre sognato certe situazioni, anche se erano rimaste confinate come semplici fantasie mai realizzate. Ad un tratto, Rebecca, con aria seria, spiegò di essere la regina diabolica e io avrei avuto il ruolo di ancella. Si trattava di un gioco di sottomissione, evidentemente. Ad ogni modo, ne restai affascinata. I giorni passarono e Rebecca portò, in quella stanza enorme, nuove ragazze. Creò una sorta di harem nel quale le ancelle interagivano tra loro in una sorta di orgia lesbica. Rebecca ci guardava, poi alle volte entrava nella mischia. Oppure, determinati giorni, decideva di restare da sola con una di noi. In realtà, mi ero illusa di essere l'unica o la preferita. In effetti, rappresentavo solo una delle tante bambole della bionda. Per questo, aspettai il momento adatto per fuggire. Dopo quasi un anno di questa sorta di reclusione, scappai. Ben presto mi resi conto di essere molto lontana da casa, ma con vari autostop e un pò di fortuna, riuscì a ritornare a casa. Non raccontai tutti i dettagli di ciò che era accaduto. Spiegai solo di essere stata rapita da un maniaco e poi riuscita a fuggire. Per precauzione, mi spostai dall'abitazione dei miei genitori e andai a vivere in un posto sperduto, nella speranza che Rebecca, o qualcuno per suo conto, non mi venga a cercare anche lì. Ma forse starò tranquilla perchè lei ha già il suo harem a cui badare. Lo dicevo io che era meglio la noiosa vita di merda! Però, che avventura!
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