Il mio nome è Fiorella, ma tutti mi chiamano "la rossa". La storia che sto per narrarvi è accaduta nell'ambito del mio lavoro. Nella società dove sono impiegata come segretaria, vi sono diversi altri colleghi e colleghe. Diciamo che, grosso modo, nell'organico, le donne risultano pari al 50% e gli uomini rappresentano il restante 50%. Non potevo certo immaginare che i colleghi maschi fossero tutti irrimediabilmente gay! In realtà, un certo sentore lo avevo avuto già dal momento che, in ufficio, mancavano sguardi bavosi di uomini nei confronti di noi femmine. Tuttavia, io e le altre, interpretammo questo atteggiamento come una forma di rispetto. In altre parole, reputammo i nostri colleghi dei veri gentlemen. Ma, alla fine, arriva sempre la resa dei conti. Per festeggiare gli ottimi risultati raggiunti dall'azienda, proposi di riunirci tutti nella mia abitazione spaziosa. Il caso volle che, nell'occasione, alcune delle colleghe dettero improvvisamente forfeit per problemi personali e così ci ritrovammo, a sorpresa, 9 uomini e soltanto 3 donne, compresa la sottoscritta, ovviamente. Lo champagne non mancava e iniziammo a bere alzando anche il gomito. Uno degli uomini propose il gioco della bottiglia hot. Alla mia collega, Marina, parve inappropriato dal momento che le donne scarseggiavano. Ma i maschietti insistettero per provarlo lo stesso. Capitai io per prima, a dover spompinare Mark il biondo, un tipo dai capelli lunghi. Inginocchiata, gli leccai la cappella ma non lo vidi particolarmente entusiasta e nemmeno tanto coinvolto. La bottiglia girò di nuovo e stavolta capitò ad un maschio (un biondino dai capelli corti) "l'onere" di succhiare l'uccello di Mark. Il biondo non si rifiutò affatto, anzi, lasciò che l'altro leccasse l'asta e indurì pure di brutto! Poi fu la volta di Marina. Ma, dopo di lei, il gioco della bottiglia andò a puttane. I maschi, infoiati più che mai, presero a succhiarsi a vicenda il pene, quasi incuranti delle presenze femminili. A quel punto divenne palese che il gioco della bottiglia era solo un pretesto per interagire intimamente tra noi. Ebbene si, fu un modo atipico, da parte dei nostri colleghi, di fare coming out. Non mi spiegavo il motivo per cui si fossero lasciati andare proprio in quella circostanza. Poi capì che erano stati invogliati, sostanzialmente, da tre fattori: la mia abitazione spaziosa e confortevole, l'alcol abbondante e soprattutto la superiorità numerica di maschi rispetto alle femmine. Per mesi non era trapelato nulla in ufficio. Tutto d'un colpo, i nostri colleghi, probabilmente incapaci di contenere certe pulsioni, si lasciarono andare. Noi donne restammo a guardare quella sorta di orgia al maschile dove fioccavano bocchini a go-go. In realtà, noi ragazze eravamo comunque arrapate. Marina e l'altra, Marika, a un certo punto, dopo aver guardato a sufficienza, essersi inumidite in sorca, e aver realizzato che, di fatto, non c'era trippa per gatti, pensarono bene di rintanarsi in bagno per sditalinarsi in tranquillità. Io invece fui più testarda. Restai lì e, appena scorsi un cazzo libero, mi ci fiondai sopra con la bocca. Almeno un pene lo fece eiaculare una donna, quella sera. Per il resto, bhè, capirete voi stessi che le sborrate in bocca tra maschi si sprecarono. Ora che i colleghi col vizietto hanno preso coraggio, non mi stupirei affatto se mi chiedessero, nel prossimo futuro, la disponibilità della casa per farsi pure una bella chiavata di gruppo!
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